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Il carcere ai tempi della pandemia, garante detenuti traccia le criticità a Cavadonna

Siracusa- E’ il garante dei detenuti Giovanni Villari a offrire un reportage di quella che è in questo periodo post Lockdown per la pandemia da Covid-19, la situazione alla casa circondariale Cavadonna di Siracusa, dove per prevenzione molte delle attività educative e ricreative sono state ridotte al minimo.

“La situazione interna al carcere- scrive Villari- si presenta ad oggi abbastanza ordinaria e tranquilla. Purtroppo la specificità del momento che stiamo vivendo pesa molto sulle di condizioni delle attività trattamentali, che risultano quasi inesistenti. Tutto ciò è in contrasto con la missione educativa del carcere. La percezione per chi varca la soglia dell’istituto penitenziario periodicamente è purtroppo di un’ordinarietà consueta e stagnante, dove il tedio vince e annichilisce speranze e spinte motivazionali. 

Questo di solito è il periodo in cui tutte le attività scolastiche entrano nella pausa estiva, ma questa “vacanza”, che persiste dalla metà di febbraio, ha ulteriormente depauperato un sistema di rieducazione già debole. Non dimentichiamo che la pena deve avere una finalità precisa e tendere alla rieducazione, quindi il tempo non dovrebbe trascorrere senza azioni atte a raggiungere lo scopo. 

Infatti l’articolo 27 della Costituzione italiana dice:  

  • Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. 
  • Non è ammessa la pena di morte. 

Le rare attività di reinserimento sociale in regime di semilibertà e quelle con art. 21 O.P. (Legge 26 luglio 1975, n. 354; “Lavoro all’esterno”), sospese durante la fase più difficile dell’emergenza sanitaria, solo ora stanno dando leggeri segni di ripresa. Si spera che possano riprendere e proiettarsi presto verso maggiori impegni, sia in termini di numero di coinvolgimenti che di iniziative di utilità sociale destinate al beneficio di tutta la collettività. È utilissimo che si mostri alla città l’efficacia di questi “esercizi formativi”. Allo stato attuale non ci sono inziative rivolte a questo scopo. Rimangono ancora troppo pochi gli uomini in stato detentivo autorizzati con art. 21 al lavoro esterno socialmente utile. Le ragioni sono spesso attribuite all’inadeguatezza delle caratteristiche dei detenuti che rientrano nelle tipologie a cui è possibile concedere questo provvedimento. Dopo l’ultima rivolta nel marzo scorso, la stragrande maggioranza dei detenuti del circuito reati comuni (tutti residenti nel BL 50, quello in cui è avvenuta la sommossa) è stata trasferita in altri istituti penitenziari; risulta quindi molto circoscritto il bacino a cui attingere per la selezione degli uomini destinati a questa attività.  

Attualmente possono ritenersi fortunati solo quei pochi detenuti a cui è affidato qualche servizio all’interno dell’istituto (manutenzione ordinaria; lavanderia; porta vitto; spesino;). Altri hanno la possibilità di lavorare nel biscottificio annesso alla casa circondariale, sotto la cura della cooperativa Arcolaio, producendo dolci tipici e biologici utilizzando mandorle nostrane, bucce d’arancia, carrube. Poi ci sono coloro che lavorano nella tessitoria dell’istituto e producono lenzuola e federe ad uso interno. È degno di nota il lavoro di alcuni detenuti impegnati nel laboratorio di tessitoria, i quali hanno prodotto, su ordine della direzione e dietro indicazione del PRAP, circa 10.000 mascherine protettive in cotone a trama fitta e doppio strato con tasca.  Rimane ancora una nota dolente- aggiunge il garante- il servizio sanitario a cura dell’Asp8 di Siracusa che la Regione Siciliana dispone per assistere i detenuti. Troppa lentezza e burocrazia sia per esami diagnostici sia per interventi chirurgici programmati, che superano molte volte attese di 1 o 2 anni. La presenza della Magistratura di sorveglianza all’interno del carcere è, per la mole di lavoro da cui sono gravati i singoli magistrati, episodica, tanto che spesso i detenuti ne lamentano l’assenza.  L’ufficio del Garante desidera creare sinergie con l’Ufficio della Magistratura di sorveglianza, trovare disponibilità al dialogo e all’ascolto rispetto alle criticità riferite per garantire i diritti primari dei detenuti e dei soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà.  In ultimo conclude- ma non in ordine d’importanza, l’ufficio del Garante spera di riuscire a individuare presto una sede idonea per poter incontrare anche coloro che affrontano difficoltà per problematiche legate alle condizioni di violazione dei diritti del proprio congiunto in regime di detenzione ricadente nel territorio siracusano.  

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Giornalista