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Il direttore sanitario dell’Asp, Anselmo Madeddu, “fotografa” il piano con cui si sta affrontando la pandemia

Siracusa- Il direttore sanitario dell’Asp di Siracusa, Anselmo Madeddu, che è anche un esperto epidemiologo, ha voluto offrire ai cittadini una dettagliata “fotografia” panoramica del piano delineato a Siracusa e provincia per affrontare i casi di Coronavirus. “Il 2 marzo- Madeddu sintetizza la cronistoria degli interventi- la prima direttiva su organizzazione e sanificazioni; il 7 marzo l’avvio dei pre-triage,; il 10 marzo l’avvio dei lavori al padiglione nord, il 12 marzo rianimazione covid e tac dedicata; il 16 marzo la ristrutturazione dei primi 18 posti di malattie infettive; il 20 marzo l’avvio dei due covid center di Noto e Augusta; il 25 marzo l’attivazione di altri 18 posti al padiglione, l’indomani il completamento dell’impianto gas medicale e l’installazione di 12 ventilatori e monitor. Ed infine il 31 marzo il piano di trasferimento del pronto soccorso non covid al piano terra. Il tutto in meno di 20 giorni, con una tempistica da ospedali cinesi, lavorando giorno e notte”.

” E’ poco? – continua l’esperto, rispondendosi da solo-.Non credo. Nessuno in Italia e nel mondo aveva ospedali covid prima che spuntasse questo virus. L’organizzazione della rete, tra l’altro, deriva da “Linee Guida”, pubblicate dal Ministero con una circolare risalente appena al 25 marzo. Circolare che prevedeva una ipotesi “a” (realizzazione di ospedali tutti covid) oppure, ove non possibile, una ipotesi “b” (aree covid all’interno di ospedali anche non covid), ma separando nettamente i percorsi e lasciando fuori rete alcuni ospedali da dedicare solo ai non covid. Già 15 giorni prima di queste linee guida, e cioè dal 10 marzo, l’ ASP aveva avviato il suo “Piano aziendale” che prevedeva l’attivazione di tre covid center: il centro hub di Siracusa, e quelli spoke di Noto e Augusta, lasciando fuori dalla rete gli altri due ospedali dell’Asp dotati di rianimazione (Lentini e Avola) per destinarli ai non covid, come da Linee Guida. In questo modo i pazienti critici o a media complessità vengono trattati nell’hub di Siracusa, e quando sono in via di guarigione, a Noto e Augusta, fino alle dimissioni, e secondo un modello vincente sperimentato anche in altre aree d’Italia. “Ma come mai – ci è stato chiesto – si è scelto l’Umberto I”? Ebbene l’ospedale di Siracusa non poteva essere escluso dalla rete covid perché le linee guida ministeriali prevedono che la sede hub debba avere Rianimazione, Malattie Infettive e Pneumologia. E l’unico ospedale che possiede queste tre caratteristiche è l’Umberto I. Inoltre, il presidio non poteva essere dedicato solo ai covid poiché possiede specialità di vitale importanza per l’intera provincia, che non possono essere trasferite agevolmente altrove. Valga per tutti l’esempio della Emodinamica (perno della rete provinciale tempo-dipendente dell’infarto che non può essere tolta dall’ospedale baricentrico del capoluogo). Pertanto, l’ospedale di Siracusa rientra nella tipologia “b” delle linee guida, ovvero ospedale generale con aree interne dedicate ai covid, purchè ben distinte. Per far questo nell’Umberto I sono state delimitate tre aree: la prima è il filtro della tenda di pre-triage, che funge da separatore dei percorsi all’ingresso, quindi c’è l’Area “Grigi, Tac e Rianimazione” e infine il Centro Covid del padiglione nord di Malattie Infettive. Padiglione che si è mostrato da subito la sede ideale, perché isolato e ben separato dal resto del’Ospedale e, pur tuttavia, inglobato nello stesso in caso di emergenza. Motivo per cui è stato scartato il Rizza, troppo lontano dall’Umberto I in caso di necessità di rianimazione e troppo obsoleto. Dal padiglione nord sono state tolte Pediatria e Talassemia, e i posti di Malattie Infettive sono stati raddoppiati a 36 e dotati di impianto gas medicale per ventilare i critici. Il tutto in 13 giorni. Molto funzionale si presentava anche la scelta di allocare i grigi nei pressi della tac dedicata, per il necessario completamento diagnostico, mentre più delicata appariva la separazione tra area dei grigi e pronto soccorso, che presupponeva continue sanificazioni e massima attenzione nei percorsi. E’ per questo che il “Piano” è stato completato col trasferimento del pronto soccorso al piano terra. Oggi dunque, e in particolare a partire dai primi di aprile, i percorsi sono del tutto separati. Ma per far tutto questo occorrevano i tempi necessari, così come è successo dovunque nel mondo”.

Perché tanti contagi tra gli addetti ai lavori?

Madeddu poi cerca di chiarire alcuni aspetti relativi ai contagi tra gli “addetti ai lavori”. Situazione quest’ultima che ha suscitato perplessità e preoccupazioni negli utenti, tanto che molta gente pur di non recarsi in ospedale, ritenendolo luogo di “potenziale diffusione del virus” ha addirittura rinunciato a visite mediche importanti, controlli o addirittura ad andare in pronto soccorso. Tanto che, nei giorni scorsi, anche il direttore di Emodinamica, Marco Contarini, aveva lanciato una serie di messaggi volti a tranquillizzare l’utenza sulla sicurezza dei reparti.

“Riguardo, poi, ai contagi tra operatori- spiega Madeddu- accaduti anche dopo la netta separazione dei percorsi, occorre dire che molto spesso questi sono derivati da comportamenti individuali. Facciamo un esempio. Se un ingegnere costruisce un’autostrada con due corsie ben separate e con tanto di segnaletica, e poi qualche automobilista imbocca la corsia contromano provocando l’incidente, la colpa è dell’ingegnere o dell’automobilista? E’ evidente che cultura, esperienza e formazione incidono tanto. Avete notato che il più basso tasso di contagio al mondo è tra gli operatori delle malattie infettive, ovvero tra coloro che sono più preparati alla cultura dell’infection control? Voglio quindi ringraziare i colleghi del Covid Team, professori Pomara, Cacopardo e Murabito, per l’apporto decisivo che hanno dato nell’ottimizzare e completare il lavoro. Oggi, dunque, la bassa incidenza di Siracusa è il frutto di precise strategie sanitarie. In una fase in cui le cure domiciliari non erano ancora partite, la strategia è stata quella di anticipare i ricoveri e dunque le cure. E ciò è stato possibile grazie all’aumentata disponibilità di posti di malattie infettive derivanti dalla sana programmazione del “Piano Covid”. Questo ha determinato un aumento dei ricoveri e, quindi una diminuzione dei casi al domicilio, un aumento dei guariti e il crollo dei ricoveri in terapia intensiva, consentendoci di tenere la curva degli attualmente positivi molto più bassa rispetto alla media regionale. Ed oggi che sono partite le USCA ci aspettiamo un ulteriore miglioramento”.

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Giornalista