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Storia di un figlio conteso, una madre siracusana lotta per vedere il proprio bimbo portato a 1100 km di distanza dall’ex marito

Siracusa – Una madre che viene allontanata da un figlio, dopo averlo messo al mondo,  accudito, protetto, tirato avanti da sola, per ben cinque anni, senza una motivazione che giustifichi la drastica decisione, diventa una donna a cui strappano il cuore e tolgono il respiro: una moribonda, incapace di vedere la  luce. Lo stesso accadrebbe ad un padre presente e responsabile.

In questa terribile situazione si troverebbe, dall’autunno dello scorso anno, una siracusana, oggi assistita da alcune associazioni che lottano contro la violenza alle donne e a sostegno dei diritti di genere.

T,  protagonista di questa storia,  sta tentando  di reagire alle conseguenze di una lunga e travagliata separazione giudiziale dall’ex marito, trovando la forza per farlo soltanto perché sa che il “premio” per i  suoi sacrifici sarà  alla fine, almeno lo spera, il ricongiungimento  col proprio figlioletto: ragione della sua stessa vita, oggi sospesa.

Secondo la ricostruzione della triste vicenda, fatta dalla  protagonista e dalle volontarie  e professioniste che la affiancano, per effetto di una sentenza, che verterebbe sul principio dell’alienazione parentale,  nel merito della quale  per imparzialità non entreremo, a settembre 2016 sarebbe stato disposto il trasferimento del bambino  dei genitori “antagonisti” dalla casa materna, dove aveva vissuto da sempre,  a quella paterna, praticamente sconosciuta.

Una disposizione del giudice contro la quale sarebbero stati presentati diversi ricorsi, poiché la madre non sarebbe stata mai oggetto  di obiezioni  da parte delle assistenti sociali chiamate a relazionare sul suo rapporto col minore, risultato comunque positivo e poiché l’altro genitore, fino ad allora, non avrebbe svolto il suo ruolo  adeguatamente, sia in termini affettivi, sia  sotto il profilo economico.

Addirittura, questo  padre avrebbe visto  il figlio oggetto della contesa,  dalla nascita,   forse 9 volte, come riferisce l’ex moglie, che lo avrebbe altresì  denunciato per soprusi vari ben 22 volte.

Disposto il cambio di residenza, dall’oggi al domani, a marzo scorso,  il bambino sarebbe  stato portato dal padre dalla scuola locale che frequentava in un’altra regione,  naturalmente all’insaputa della madre.

T,  soltanto a distanza di due mesi, per l’intermediazione delle associazioni e del legale che l’assiste, avrebbe poi ottenuto la   possibilità di riabbracciare il proprio piccolo, sebbene  con un preavviso di meno di 24 ore,  raggiungendo in fretta  e furia  la destinazione con un aereo preso, è il caso di dirlo, al volo, vedendosi rigettare la richiesta di essere accompagnata dai nonni e dalla sorellina del piccolo.

Giunta in Toscana, però, alla donna sarebbe stata riservata la brutta sorpresa di non poter vedere il suo bambino, per una serie di scuse addotte, tra cui quella più preoccupante che il minore si trovasse ricoverato in precarie condizioni di salute presso un nosocomio della città del suo attuale domicilio.

Una situazione che avrebbe scosso T, già fortemente provata,  al punto che la stessa, per non sbagliare passaggio e comportamento,  si sarebbe rivolta ai carabinieri del posto per avere rassicurazioni. Garanzie sulle buoni condizioni di salute del bambinetto che,  per fortuna,  sarebbero arrivate presto,  con il rientro a scuola del bambino.

Un bambino che la madre, ancora soggiornante nella città che lo ospita, a 1100 km circa da Siracusa, non è riuscita a vedere. Un bambino molto amato e di cui sono pronti a prendersi cura oltre alla sua mamma anche i nonni, che ne attendono il ritorno con palpitazione.

Una storia presa a cuore dalle associazioni siracusane che stanno cercando di utilizzare i canali diplomatici interregionali per poter consentire questo desiderato incontro momentaneo tra mamma e figlio, che oltre a rasserenare la genitrice non più affidataria sarebbe terapeutico  per il  minore, strappato agli unici affetti che conosceva, al suo ambiente, alle sue abitudini.

Un bambino che non ha avuto scelta, che come tanti altri finisce per essere la vera vittima sacrificale degli egoismi , degli errori e dei contrasti degli adulti.

Le associazioni, tra cui “I colori di Aretusa” e “Nesea” di Augusta,che stanno  accompagnando la protagonista in questa battaglia legale e contro la burocrazia,si augurano che possa risolversi nel migliore dei modi la triste situazione, tenendo conto soprattutto della serenità di un bimbo che non deve pagare uno scotto così alto.

Mascia Quadarella

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Giornalista